Fosso di Corsano 2015
Ivan è un personaggio particolare. Un po' piemontese e un po' ligure. Quello che certamente ho imparato di lui e che non è incline alle dimostrazioni spettacolari alle quali noi toscani siamo ben abituati.
La 2015 è forse l’esempio più emblematico di quello che intendo. Davanti ad una annata che le guide avevano sottovalutato, Ivan decide di stoccare una parte di bottiglie e di farle affinare qualche anno in più in cantina.
Non so se lo fece per dimostrare qualcosa a qualcuno o a se stesso – non lo conosco ancora così bene – ma quello che certamente posso dire è che la 2015, oggi, ha raggiunto un punto di equilibrio straordinario tra le fresche note minerali – quasi di primo idrocarburo – e maturità del frutto sempre croccante.
I fiori passano dalla ginestra al girasole e fieno essiccato, conservando tutti i rimandi alla macchia mediterranea che oramai ho capito essere il vero comune denominatore di questa verticale.
Per dirla tutta, proprio le note erbacee, in questa annata, iniziano a concentrarsi verso toni appena balsamici che contribuiscono ad integrare la complessità di questo vino.
Fosso di Corsano 2013
Qui l’affinamento in bottiglia inizia a farsi sentire. Si apre al naso con lievi note di zucchero filato, ananas appena matura e fiori che nell’occasione sono diventati arancioni. Gli idrocarburi sono evidenti, mentre il palato racconta un vino pieno e carnoso, quasi da mordere.
Pur essendo lievemente più evoluta, ci dice Ivan di quelle che aveva stappato la mattina al banco, mi è piaciuta moltissimo. La mente volava già in qualche azzardato abbinamento gastronomico, magari di stampo orientale nel quale non mi lancerò; per ora.
Fosso di Corsano 2011
Convinto che dopo i toni più accomodanti della 2013, anche la 2011 avesse assunto maturità importanti, mi sono dovuto di netto ricredere.
Questa annata è figlia di se stessa. Un contrasto impressionate tra freschezza aromatica lievemente maturata dal tempo - a tratti emergono sentori di uva del deserto detta anche ciliegia cinese o litchi - e bellissimi rimandi di miele millefiori e burro salato.
Giungendo al termine della degustazione, così come della telecronaca, quello che certamente mi ha lasciato impressionato è l’aspetto cromatico. Sono abituato a bere vecchie annate, ma raramente mi era capitato di trovare un bianco che a distanza di 10 vendemmie abbia mantenuto una integrità visiva – ed ovviamente anche gustativa – così importante. Soprattutto se stiamo parlando di vermentino, soprattutto se stiamo parlando di vermentino lunense.
Questa verticale, non credo sia frutto solo dell’uva, ma principalmente di una visione che da anni viene coltivata ed oggi, finalmente, riconosciuta.