Oggi vi raccontiamo Terenzuola ed il suo Fosso di Corsano

Oggi vi raccontiamo Terenzuola ed il suo Fosso di Corsano

Ci sono grandi vini. Ci sono gradi verticali. Poi, ci sono grandi visioni.

Erano anni che “bevevo” il Fosso di Corsano di Terenzuola. Ho sempre pensato che fosse un grande vino, così come avevo intuito - non senza qualche iniziale aiuto dal pubblico – che fosse un vino dal potenziale di affinamento molto interessante. Sì, un vermentino nostrano, dal potenziale di affinamento importante.

Per divertimento, decisi di mettere in cantina, qualche bottiglia di 2012 e 2013.

Di quelle annate oramai, è rimasto solo un cimelio da stappare, ma quello che è avvenuto lo scorso 27 giugno 2021, ha superato ogni mia attesa.

Durante Anteprima Vini della Costa Toscana, dopo l’interessantissima orizzontale 2021 – che presto vi racconterò – è avvenuto quello che in pochi si sarebbero attesi.

La degustazione parte senza presentatori o show man, c’eravamo noi, e c’era Ivan.

Il tutto si avvia con il racconto della nascita del progetto Terenzuola, che da pochi ettari, oggi è arrivato a gestire 24 ettari che si stendono su vari comuni al confine tra Toscana e Liguria.

Ivan si racconta lentamente. Passando dalla cantina costruita per gestire le uve ed il vino per gravità, passando alle – lievi rimostranze – verso chi pensa che produrre in regime biologico sia solo “usare rame, zolfo e tagliare l’erba”, i sommelier presenti fanno il grave errore di servirci nel bicchiere il primo dei 6 vini previsti in degustazione.

Per la verità il primo era un intruso. Si trattava “solo” del Case Basse, cioè del vermentino di ingresso di Ivan annata 2020.

Prodotto da uve provenienti da 3 comuni diversi, su circa 12 ettari di vigneti complessivi, il “Case Basse 2020” cattura immediatamente l’attenzione di tutti i presenti e, benché Ivan proseguisse nel parlare delle meravigliose Statue di Monolite di Pontremoli, oramai l’attenzione – con buona pace del castello - era tutta focalizzata sul vino.

Di questa selezione clonale di vermentino, adagiata per la buona parte su ghiaia, non si può non cogliere immediatamente l’aspetto più tipico del varietale. Un vermentino che partendo dai fiori bianchi come il biancospino, vira sulla macchia mediterranea con ricordi di rosmarino e timo per poi definirsi con la fresca chiusura su note di pompelmo rosa. 

Le vigne del Case Basse sono coltivate ad una altezza media di circa 70 metri slm e la vinificazione del vino avviene in acciaio con maturazione per qualche mese sulle proprie fecce fini.

Ci viene quindi servito il secondo vino e qui entriamo nella verticale che ci era stata annunciata.

Fosso di Corsano 2020

Quando parliamo del Fosso di Corsano, dobbiamo prima di tutto sapere che rispetto al Vigne Basse stiamo passando da una selezione clonale ad una massale, così come le vigne da 70 metri slm si spostano dai 350 ai 450 metri slm. Ne conseguono rese più basse - anche sotto il kg per pianta – ed una concentrazione aromatica del grande potenziale. Ma andiamo con ordine.

Questo 2020 è evidentemente un bimbo in fasce, con tutta la sua integrità e brillantezza si apre su note di mango e albicocche non completamente maturi impreziositi dalla più tipica nota mediterranea di alloro, mirto ed erica. Non si nascondono infine i bellissimi richiami ad elementi di talco bianco che, alla ceca, mi avrebbero sicuramento condotto su qualche Pinot Bianco dell’Alto Adige.

In bocca è contemporaneamente, affilato nella freschezza, sapido – quasi salato – nella masticazione e di una succosità inaspettata in chiusura.

Per quanto godibile, questa bottiglia rappresenta molto bene il concetto Aristotelico di - in potenza -. Precisamente il concetto di - in potenza attiva -, che si rinviene secondo il filosofo, tutte quelle volte in cui la materia ha la capacità da sé sola di produrre un’evoluzione verso la forma.

Forse sto esagerando nei parallelismi, ma non di molto. E la riprova non tarda ad arrivare.

Fosso di Corsano 2018

Qui, buona parte dei sentori colti in sottrazione nella 2020 si definiscono partendo dai fiori gialli che si impreziosiscono di zafferano, per proseguire nei ricordi di menta glaciale, nepitella e la frutta, soprattutto l’albicocca, che diventa appena matura. Un vino lunghissimo e della potenza espressiva che inizia a mostrare le proprie doti. Finale quasi piccante che ricorda la radice di zenzero.

Fosso di Corsano 2015

Ivan è un personaggio particolare. Un po' piemontese e un po' ligure. Quello che certamente ho imparato di lui e che non è incline alle dimostrazioni spettacolari alle quali noi toscani siamo ben abituati.

La 2015 è forse l’esempio più emblematico di quello che intendo. Davanti ad una annata che le guide avevano sottovalutato, Ivan decide di stoccare una parte di bottiglie e di farle affinare qualche anno in più in cantina.

Non so se lo fece per dimostrare qualcosa a qualcuno o a se stesso – non lo conosco ancora così bene – ma quello che certamente posso dire è che la 2015, oggi, ha raggiunto un punto di equilibrio straordinario tra le fresche note minerali – quasi di primo idrocarburo – e maturità del frutto sempre croccante.

I fiori passano dalla ginestra al girasole e fieno essiccato, conservando tutti i rimandi alla macchia mediterranea che oramai ho capito essere il vero comune denominatore di questa verticale.

Per dirla tutta, proprio le note erbacee, in questa annata, iniziano a concentrarsi verso toni appena balsamici che contribuiscono ad integrare la complessità di questo vino.

Fosso di Corsano 2013

Qui l’affinamento in bottiglia inizia a farsi sentire. Si apre al naso con lievi note di zucchero filato, ananas appena matura e fiori che nell’occasione sono diventati arancioni. Gli idrocarburi sono evidenti, mentre il palato racconta un vino pieno e carnoso, quasi da mordere.

Pur essendo lievemente più evoluta, ci dice Ivan di quelle che aveva stappato la mattina al banco, mi è piaciuta moltissimo. La mente volava già in qualche azzardato abbinamento gastronomico, magari di stampo orientale nel quale non mi lancerò; per ora.

Fosso di Corsano 2011

Convinto che dopo i toni più accomodanti della 2013, anche la 2011 avesse assunto maturità importanti, mi sono dovuto di netto ricredere.

Questa annata è figlia di se stessa. Un contrasto impressionate tra freschezza aromatica lievemente maturata dal tempo - a tratti emergono sentori di uva del deserto detta anche ciliegia cinese o litchi - e bellissimi rimandi di miele millefiori e burro salato.

Giungendo al termine della degustazione, così come della telecronaca, quello che certamente mi ha lasciato impressionato è l’aspetto cromatico. Sono abituato a bere vecchie annate, ma raramente mi era capitato di trovare un bianco che a distanza di 10 vendemmie abbia mantenuto una integrità visiva – ed ovviamente anche gustativa – così importante. Soprattutto se stiamo parlando di vermentino, soprattutto se stiamo parlando di vermentino lunense.

Questa verticale, non credo sia frutto solo dell’uva, ma principalmente di una visione che da anni viene coltivata ed oggi, finalmente, riconosciuta.

Grazie Ivan.

Chissà se presto sarà possibile affinare in cantina queste perle del mediterraneo???

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