Questo processo di “diversificazione” si basa su una visione “olistica”, collettiva e di stampo steineriano all’interno della quale si parla di “organismo agricolo”: «Frutteti, animali, orto, vigne: ogni componente si relazione con gli altri e con il tutto – continua Stefano. – E questa visione scende ancora più di definizione nel caso della vigna: la parcella, il terreno, il portamento della pianta, ogni elemento è come la sfumatura di una stessa tavolozza che poi determinerà il tipo di vinificazione e affinamento. Sono tanti colori che compongono un unico dipinto, un po’ come faceva Georges Seurat nei suoi capolavori di pointillisme. Il tipo di vinificazione si definisce giorno per giorno, attimo per attimo, sensibilità per sensibilità. Ogni anno è diverso. Il nostro impegno quotidiano è sempre rivolto a sviluppare spirito di osservazione. La nostra sensibilità deve essere costantemente alimentata al fine di individuare le particolarità e le differenze del momento. La terra va assaggiata, va annusata, la pigiatura con i piedi sulle uve deve essere connessa alla natura dell’uva stessa: sono uve più maschili con una buccia più dura? O si tratta di uve femminili?»
Ma l’impegno di Stefano è anche rivolto a tramandare questo sapere alle generazioni future: «Ho avuto modo di vedere come i miei nonni e la mia bisnonna coltivavamo la terra. La mia generazione è l’ultima che ha vissuto con chi lavorava con i buoi. A mia figlia posso solo raccontarlo. Devo raccontarlo. Se questo racconto non viene fatto, si interrompe qualcosa. E purtroppo, in questo caso, i libri non bastano. Fare vino in un modo che possiamo definire a tutti gli effetti “etico”, non può essere fine a se stesso, non può limitarsi alle vendite. Il vino deve esser quella chiave che scopre i veli ad un’agricoltura più sensibile, una nuova attenzione: ambiente sano, con i profumi delle stagioni, con l’alternarsi delle temperature».
È questa la vera essenza di Cortona e del suo territorio. Un territorio da scoprire percorrendo le sue strade basolate, antichi sentieri lastricati di epoca romana che si inerpicano per la montagna; un territorio da gustare immergendosi nei suoi sapori unici, come quello della chianina, la bistecca alla fiorentina per eccellenza, con il pane inzuppato negli umori della “ciccia” che si raccolgono al centro del tagliere di legno insieme all’olio extravergine, al sale e al pepe; un territorio dai panorami mozzafiato come quello che si gode dalla vigna di Stefano sul monte Ginezzo: se non avete idea di cosa sia la Val di Chiana, dovete salire fin qua su, a quasi 900 metri di altitudine. La vista che si gode sulla valle con il monte Amiata e il lago Trasimeno sullo sfondo è senza eguali. Specialmente al tramonto.